Il piatto con l’oca 2010 – Fiera di S.Andrea, Portogruaro

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Una nuova esperienza, particolarmente intrigante e giocosa, ma non per questo non impegnativa! La sfida era legata alla rotondità dell’oggetto- piatto e dal tema, ormai affrontato già 24 volte da altri artisti… Ho pensato di creare una serie di immagini della Portogruaro che mi piace, soprattutto di particolari e dettagli di architetture e emblemi, ovviamente rivisti in chiave giocosa e un po’ fanciullesca.  Quando mi è stato suggerito che le oche sono bianche, la mia immaginazione si è ribellata, ed ecco i colori… Di grande aiuto il mio fotografo personale (mio marito Mario), che sia su indicazione che a suo estro è andato a caccia di immagini.  Sembra me la sia cavata…

Leggete l’articolo di Flavia Benvenuto Strumendo. eccolo qui sotto:

Il piatto, (a dir la verità sono una quarantina) è stato presentato in municipio a Portogruaro in un’apposita cerimonia pubblica il 21 novembre 2010 alla presenza delle autorità cittadine, dei rappresentanti della Contrada dell’Oca di Siena e di operatori della fiera. Una novità l’accompagnamento musicale all’evento tenuto dal quintetto a plettro e pizzico “Il Fondaco Sonoro” di Portogruaro, composto da Mario Santilli e me- chitarre, Pietro Rinaldi e Christine Teulon –  mandolini e Roberto Verona – mandola. Abbiamo preparato per l’occasione alcuni brani ad hoc tra i quali di Bert, Anatroccolo di palude e di Bottacchiari Foxtrot delle anitre oltre a bei pezzi di Tarrega e altri.

Alberto Pasqual e Walter Zaramella a Gruaro il 3 settembre 2011

Ecco di seguito la mia presentazione alla mostra dei due validi artisti e qualche foto delle opere. le foto sono di Mario Santilli

ALBERTO PASQUAL GRUARO 2011

Spesso oggi lo scultore che sceglie il metallo, in particolare ferro o acciaio,  compone le sue opere per assemblaggio, utilizzando parti d’oggetti o facendo produrre manufatti appositamente studiati: è l’arte del NON FARE, il NOT MAKING; in poche parole lo scultore è regista e progettista di un’opera che fa realizzare a chi è più bravo di lui nella tecnica della lavorazione del metallo. Non è così Alberto Pasqual che pur ha sperimentato la condizione di esecutore e compartecipe di un progetto, quello del monumento a Marco Pantani che si trova sulla salita del Montirolo in Valtellina, progettato da Michele Biz e Alessandro Broggio.

L’artista sacilese disegna e realizza le sue opere, attualmente e principalmente in ferro (ma lavora anche bronzo e terra), avvalendosi delle sue ottime competenze tecnico-esecutive legate alla professione che svolge: il fabbro.

Se si guarda la produzione artistica dal medioevo ad oggi, sono rari gli scultori che hanno scelto il ferro come materiale per esprimersi, tanto che esso, classificato nelle arti minori come “ferro battuto”,  dal XII secolo è stato utilizzato soprattutto per inferriate e cancelli fino alle decorazioni liberty,  e sono pochissimi i contemporanei cimentatisi nella scultura in ferro a tutto tondo. La ragione potrebbe essere legata  al suo peso che ne limita la manovrabilità, alla tendenza ad arrugginirsi, o forse, più probabilmente, alle difficoltà di lavorazione.

Uno dei valori aggiunti delle sculture di Pasqual sta nel mettersi alla prova con una materia non canonica e nel farla uscire con successo dagli usi consueti, sfruttando il fuoco per plasmare, modellare, tagliare, squarciare  il blocco come fosse materia docile, quasi una plastilina su cui un dito o un ferro deciso si imprime e scivola.

I pezzi di Pasqual si impongono per una potenza aspra, d’impatto tattile, e fanno scaturire sensazioni e ricordi di fucine, di sudore e visioni di fuoco.

Ed è proprio col fuoco che l’artista lavora  incidendo profondamente il blocco, che si articola in fessure profonde le quali aprono variamente, ma per lo più in linea retta, i volumi. Non si può certamente definire di superficie questa scultura! Lo scultore sacilese non fa parte di quella schiera di artisti che, alla ricerca della leggerezza, riducono il metallo in sottili lamine o fogli svolazzanti: egli lavora sullo slancio in verticale, sul longilineo, mi riferisco in particolare ai guerrieri, rispettando la fierezza  del ferro e agisce sulla sua massa, ma non toglie sostanza. Le sue figure, guerrieri o parallepipedi, sezioni di sfera, ecc. interagiscono energicamente con lo spazio circostante, fendono l’aria, la sferzano anche quando predomina lo sviluppo in altezza: essi si mostrano allo spettatore come monoliti forati e consumati dall’erosione di acqua e vento, come certi calcari carsici, metafore di una lotta strenua per la vita, riparati a malapena dal loro scudo e sprovvisti di elmo, privi  (o privati?) spesso degli arti, essenziali nel loro significato di resistenza.

Un filo robusto lega due produzioni apparentemente distanti, quella figurativa degli anni passati e quella geometrizzante “astratta” attuale, che è a mio parere, senza nulla togliere alla precedente, valida e comunicativa, molto più personale e intrigante: l’idea della guerra, e per contrasto  della vita, intesa come battaglia perla sopravvivenza. Ipezzi e i guerrieri sembrano la risultanza di uno scontro titanico, superstiti di una civiltà futura sconvolta i primi, quasi personaggi mitologici i secondi.

E’ un impatto che provoca lacerazioni, è la visione di ferite che lasciano guardare oltre i corpi squassati,  a volte il taglio si fa foro, oppure sono squarci che si rimarginano lasciando scanalature e abrasioni che articolano superfici lucide. Ne vengono effetti di bagliori e oscurità, di chiaroscuro accentuato che amplificano la drammaticità.

I tagli e le ferite quindi sono la sostanza, la parte ineludibile,  integrante e complementare, delle geometrie pulite di parallelepipedi e di cerchi, dallo scudo del guerriero alla sezione di sfera, come a dire che la nostra esistenza è insieme tranquillità e inquietudine, sistema e ribellione, sofferenza e serenità, unione e spaccatura.

Infine il colore: siamo abituati all’effetto delle terre e del bronzo, ma il nero del ferro, e la ruggine che assume varie sfumature, sono suggestivi; in particolare il nero, o l’effetto ematite nelle sculture lucidate, è potente, conferisce  ulteriore vigore  che produce uno scuotimento interiore, ben oltre i significati metaforico-simbolici, pur importanti, che l’artista dà ai suoi lavori.

Gruaro 3 settembre 2011                                                                   Tiziana Pauletto

WALTER ZARAMELLA GRUARO 3 SETTEMBRE 2011

Grigi colorati, bruni e ocre incontrano blu e azzurri cielo, fasce dalle campiture marezzate dischiudono nel loro cuore una figurazione apparentemente accennata: agglomerati di case, portoni di vecchie officine ormai dismesse, panni stesi sopra strette vie di borghi popolari, alberi maestosi ben ramificati, trattati a pennello e spatola. La zona centrale di ogni dipinto, nelle sue forme inizialmente non percepite come tali, ma come sensazioni di colore, affiora gradualmente alla consapevolezza dello sguardo, grazie alle tinte progressivamente più chiare dello sfondo. I bianchi, a volte lievemente colorati, altre volte candidi,  ben dosati e spesso trasparenti,  illuminanola scena. Lineeaccennate  da un pennello veloce e ripartizioni geometriche non invadenti disciplinano una materia informale. La generale predilezione per un andamento orizzontale dispone, assieme a tinte mai eccessivamente urlate, alla tranquillità e alla riflessione.

Un sussulto si  accenna quando l’occhio si approssima al centro più dinamico e costruito con  zone di colore sfrangiate e colpi di pennello o spatola o rullo,  che muovono la superficie fino a placarsi nelle zone marginali del quadro.

L’oggetto, che è argomento di ogni opera, si presenta quindi come un fantasma, una apparizione sfuggente all’occhio, ma forte e intensa che trattiene la visione e costringe l’osservazione ad una penetrazione progressiva, che suscita e porta in superficie emozioni o immagini a volte sepolte nel profondo.

Esse  emergono dal flusso ininterrotto dei ricordi, spesso vaghi e inafferrabili: è un portone di officina dove si riparavano le biciclette che ci riporta al lavoro d’artigiano che vi si svolgeva e al rapporto personale diretto tra  proprietario del mezzo e  meccanico. E quasi sentiamo i rumori, respiriamo l’odore di copertone, d’olio minerale, ci immaginiamo le parole e i discorsi sull’ultima partita della squadra locale, o sul maltempo ecc. che immancabilmente coinvolgevano i due, oppure sono lenzuola stese che ci recano voci di donne, e via così, fino ad alberi maestosi sotto i quali molti di noi hanno riposato, rievocanti una natura goduta e godibile… Insomma la nostra immaginazione viene catturata dai luoghi o dagli oggetti ricreati dal pennello di Zaramella e viaggia aiutata proprio da quelle figure accennate che non la obbligano in forme nette, guidata nelle sensazioni dalle pennellate e dalle spatolate che cancellano ciò che prima c’era. Il nostro è un viaggio libero, ciascuno con i propri personali ricordi e sensazioni, ciascuno nel suo microcosmo interiore, eppure comune a tutti nelle esperienze.

E’ un mondo lontano, sì, lontano nel tempo reale, ma vivissimo nella nostra mente, lirico nel suo presentarsi e modesto, quotidiano nella sua sostanza e perciò ci raggiunge.

Così come è carico di emozioni per l’artista, che ripercorre la sua infanzia, altrettanto importante è per noi in quanto ci riporta a un passato di rapporti umani semplici, veri e cordiali.

Non favole fanciullesche quelle di Zaramella, nemmeno dolciastre e inautentiche commemorazioni: lo dimostra il fatto che nella recente produzione vi siano riprese dall’alto di città moderne e navi all’attracco, testimoni dell’interesse per il contemporaneo e del sentirsi cittadino del mondo attuale.  Potremmo definire queste opere  “paesaggi della memoria e dell’inconscio”: essi scaturiscono credo dalla necessità condivisibile di fissare un passato o un ambiente, quando tratta della natura, sentito più autentico di quello in cui molti di noi vivono, ricreato nella certezza che pur essendo inafferrabile non può essere perduto.

Una situazione simile ma diversa, a mio parere, nei contenuti concettuali, si ricrea in alcuni lavori recentissimi in cui l’impressione visiva è che tutto si muova molto velocemente e fugga da noi come se la dimensione temporale fosse accelerata e ci trovassimo a carpire di quel che passa solo alcune vestigia, in un tentativo improbabile di fermo-immagine. Questi paesaggi ci calano nell’attualità dai ritmi accelerati, che non consente di vivere profondamente ma costringe alla superficie. E’ un percorso appena iniziato, preludio di un ulteriore passo verso la pittura astratta e in direzione di nuove dimensioni di pensiero? Attendiamo con curiosità gli sviluppi.

Gruaro 3 settembre 2011

Prossimi appuntamenti musicali

Arriva il mese di dicembre e con lui una serie di eventi musicali che mi vedono attiva come chitarrista:

17 dicembre 2011 con L’Orchestra a plettro di Codroipo a Villa Manin di Passariano.

21 dicembre 2011 Il Fondaco Sonoro, quintetto a plettro e pizzico portogruarese, formato da Pietro Rinaldi e Christine Teulon mandolino, mandola Roberto Verona, chitarra Mario Santilli e Tiziana Pauletto si esibisce alle ore 20.30 nel palazzo comunale di Pravisdomini (PN) – musiche di Morricone, Conte, Gershwin, Chaplin, Marzuttini, Szordikoswki, Verdi, Machado ed altri.

22 dicembre ore 21.00 teatro Arrigoni di S.Vito al Tagliamento (PN) concerto di natale dell’Orchestra a plettro sanvitese.

ALTRE INIZIATIVE DEL MESE DI DICEMBRE

10 dicembre 2011 ore 17.30 Galleria don Luigi Sturzo di Mestre: mostra di arte sacra al femminile. Presenta Giulio Gasparotti. Sarò presente con un omaggio a Giotto.

17 dicembre 2011 ore 17.30 Palazzo Comunale di Pravisdomini: presento la mostra PITTURA E SCULTURA degli artisti Giulio Belluz, Lucio Fedrigo, Mario Pauletto e Roberto Raschiotto.

Segnalo inoltre un evento importante per la valenza sociale: 18 dicembre presso la palestra di Summaga di Portogruaro (VE) Festa dei Migranti dedicata ai Nuovi Italiani: i bambini! Dalle ore 10.30.

un’interessante iniziativa: pittura nel reparto di day hospital dell’ospedale civile di Pordenone

Lunedì 9 novembre alle 17.00 si inaugura la mostra che vede insieme me, papà e Simone, il mio promogenito, allestita in occasione dell’apertura ufficiale del nuovo reparto di day hospital dell’Azienda sanitaria S.Maria degli Angeli.  Papà esporrà una piccola parte della sua produzione di monotipi, Simone gli Olimpi e i totem su tavola, io le topografie e i volti. Ecco alcune riflessioni sulle motivazioni che ci hanno spinto ad accettare la proposta del Lions Club Pordenone Naonis  che è il promotore dell’iniziativa: 

Introdurre le arti visive in strutture non destinate ad esse come  musei o gallerie è un atto coraggioso e forte dal punto di vista  emozionale per le valenze che porta con sé. Immagino il malato, il familiare, il visitatore che frequentano un luogo in cui si recano non per scelta e che spesso  non conoscono o, al contrario è loro fin troppo familiare: un luogo che è sempre uguale a se stesso o che istintivamente sentono distante e freddo…e lì si trovano davanti  colori e forme inaspettate, e non più quelle quotidiane del dolore o del pensiero assillante che lo accompagna…  Questi colori e queste forme introducono anche un cambiamento in un tempo che per il malato (e per chi gli sta vicino) è sempre invariabilmente lungo, triste,  noioso, sicuramente più lento e difficile da far passare rispetto a quello che scorre fuori, dove la vita incalza e distrae dalle preoccupazioni.

 L’arte allora può alleggerire l’animo, può sospendere le angosce, può spingere i pensieri su strade diverse.   Poi c’è un secondo aspetto da sottolineare: proprio perché l’ospedale è un luogo in cui si deve andare per necessità, ospitando una manifestazione culturale offre l’occasione anche a chi abitualmente non frequenta gallerie e musei di accostarsi ad un mondo di valori e di messaggi estetici: l’ospedale non solo cura i malati, ma diventa veicolo e promotore di  cultura!

 Infine l’evento: una famiglia d’arte e tre generazioni di artisti: Mario Pauletto, Tiziana Pauletto e Simone Santilli, rispettivamente padre, nonno e Maestro, figlia e mamma, figlio e nipote. Un legame che  non solo è gusto estetico, critica, conoscenza ma anche, come ha scritto nel 2006 Giulio Belluz   “educazione etico-spirituale …che consiste nell’opporsi ad ogni forma di costrizione esteriore per proclamare e sentire intransigente il principio dell’autonomia della ragione e l’interiorità dello spirito, che porta a formare l’idea di un’umanità libera e sviluppata armonicamente con le energie creatrici che ciascun uomo possiede in sé.”  Le diverse  esperienze personali, le idee e le ricerche, gli insegnamenti passano, si incontrano e germinano creazioni nuove nei tre artisti che, ben saldi nelle loro specifiche personalità, amano il confronto e si mettono vicendevolmente in gioco.

 Tiziana Pauletto  

 Ed ora una nostra foto scattata dal fotografo di casa Mario Santilli

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Mario Pauletto il maestro, Tiziana e Simone

 

 Ed ecco il pdf del depliant relativo all’evento

 

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Francesca Mora: presentazione alla mostra “Modulare libero e sonoro, acrilici e acquerelli”, Galleria Campanon, Guastalla (RE), 13 Giugno 2009

Un momento della presentazione di Francesca Mora. Da sinistra a destra: Tiziana Pauletto, Francesca Mora, Mario Santilli
Un momento della presentazione di Francesca Mora. Da sinistra a destra: Tiziana Pauletto, Francesca Mora, Mario Santilli

Tiziana compone mosaici formati da tanti piccoli tasselli di carta, uniti da un acquerello che li accorpa e rivela infinite sfumature. Libera le sue creazioni da una maschera di uniformità e dona a chi le osserva la possibilità di togliersi quella stessa maschera che la vita di tutti i giorni ci impone.

Tiziana questa maschera se l’è tolta da tempo, da quando ha deciso di rimettersi in gioco, di superare le sue ansie e le sue paure e di accettare il suo destino di artista, il suo essere “nata sotto Saturno”. La sua esperienza dell’arte e nell’arte è esemplificata nelle commistioni di toni, nell’uso abile della materia del suo fare artistico. Gioca nel colore quando dipinge nell’informale  e quando ricerca volti  dove non è possibile non cogliere l’eco di opere che l’artista ha profondamente interiorizzato.

La sala del pozzo
La sala del pozzo

Unire una profonda esperienza di arte moderna ad una ricerca nel contemporaneo significa volontà di mettersi in gioco, di sperimentare. Le infinite sfaccettature dell’ispirazione di Tiziana sono testimoniate dalle illustrazioni della fiaba della Strega Alfreda, dove con dolcezza accompagna la narrazione di questo racconto per bambini. Perchè Tiziana è donna nella grazia e nell’eleganza delle sue creazioni, ed è forte del vigore donatele dalla sua passione artistica.

Un dettaglio dell'allestimento
Un dettaglio dell'allestimento