Angelo Brugnera – Gruaro 30 Agosto 2003

Rendere viva la materia inorganica, dare spirito ad un materiale amorfo,  silenzioso e fermo sono gli atti che costituiscono l’essenza della scultura. Angelo Brugnera, giovane artista di Sacile si è imposto di raggiungere questi obiettivi conferendo leggerezza alla pietra di per sé e per definizione pesante, trasformando in “carne” il marmo e in qualche recente esperimento tentando di sovvertire le leggi della statica.

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1999 140x25x30 marmo bianco di Carrara

Come raggiungere la leggerezza? Attraverso lo svuotamento del blocco marmoreo. Era più semplice cercare materiali come il metallo che si riduce docilmente in lamina o filo adattandosi a qualsiasi forma, invece Brugnera ha scelto il marmo, la pietra da secoli amata dagli scultori e che nella nostra cultura porta con sé l’idea del tutto tondo, del pieno piuttosto che del vuoto. In questo procedere contro corrente sta l’autonomia inventiva del giovane scultore, che tra gli artisti del passato non a caso ammira il grande Bernini: non c’è da stupirsi perché il ritmo dinamico ed inquieto, la dilatazione dei corpi nello spazio secondo un movimento avvolgente, tanto per citare alcuni degli aspetti più importanti dell’opera del grande artista barocco, sono anche elementi del linguaggio scultoreo, senza dubbio personale ed attuale, di Angelo Brugnera.

Le sue sculture nascono da meditate riflessioni e la loro lavorazione è, credo, una lenta, amorosa e paziente azione sulla pietra. Lo scultore predilige il blocco squadrato, che non indirizza con la sua forma iniziale, lo fora in un punto e da quell’orifizio inizia la ricerca della forma finale, levigando gradualmente la materia; a volte nel lungo percorso che porta alla meta si inserisce un gioco, uno scherzo: allora compare per esempio in qualche punto l’impronta di una mano, un particolare che solo l’artista sa di vedere e che diventa una sfida per la nostra capacità d’osservazione. Brugnera lavora il marmo fino a produrre ali sottili che si protendono nello spazio prolungando il loro moto fluttuante all’infinito. E’ proprio il movimento uno degli aspetti pregnanti di  queste opere: è un movimento a spirale, che torna su sé stesso e contemporaneamente tende a dilatarsi nello spazio circostante. Sono corpi che si lasciano avvolgere dall’aria, corpi in cui il vuoto è più presente del pieno e in cui l’alleggerimento si fa estremo. Le forme, pulite, sembrano accarezzate da una morbidezza delicata: tutte le superfici sono levigate, ma non lucide, cosicché la luce non si specchia, ma scorre fuori e dentro come l’aria, in un gioco di sfumati chiaroscuri. L’occhio perciò viene portato a scivolare con continuità, senza brusche interruzioni in un movimento avvolgente e ininterrotto, accentuato dalle spire o volute: a volte ci si trova in un abbraccio tenero come nella Maternità o nella Danza di ali, oppure si avverte uno sfiorare che ci abbandona vicino a Sull’onda, altre volte si prova una stretta inquietante guardando Danza carnale.

Le opere di Angelo Brugnera ci  si offrono come oggetti biomorfi, che fanno immaginare creature  marine fluttuanti. Sono corpi astratti e senza tempo. Sono anche, a mio parere, fortemente allusivi e trasmettono, anche se non scoperta, una forte carica sensuale, facendoci evocare, superata la prima impressione di acquaticità, non più esseri naturali quanto piuttosto situazioni emozionali intime.

La visione di questi lavori quindi non deve essere frontale e nemmeno può accontentarsi di un colpo d’occhio; bisogna girare intorno a queste forme, perché da ogni angolazione ci derivano sensazioni diverse di vitalità, sensualità e direi di spiritualità: sono creature vive, suggestive ed emozionanti.

Tiziana Pauletto